La bella e la bestia
Dei fratelli Grimm In un tempo lontanissimo c'era una volta una città abitata quasi esclusivamente da mercanti. Quando dai porti vicini e lontani giungevano le navi cariche di merci era una festa per tutti. Uomini, donne, bambini si vestivano con gli abiti più belli, si ornavano con gioielli e ghirlande di fiori e si radunavano in piazza. Nel centro della città, una grande casa si distingueva dalle altre; qui viveva un ricco mercante con la sua unica figlia Bella, una fanciulla semplice e buona. Sul suo bellissimo viso splendevano due occhi chiari e dolci, sull'ampia fronte cadevano riccioli bruni, il suo corpicino era snello e flessuoso. Fu perciò soprannominata da piccola «la bella bambina». E Bella fu il suo nome anche quando divenne più grande. Bella amava tener compagnia al vecchio padre; per lui suonava il cembalo, leggeva le storie dei tempi passati. La sua bontà e la sua bellezza affascinavano tutti e molti sarebbero stati felici di poterla avere in sposa. Ma Bella rifiutava dolcemente: - Vi ringrazio, sono troppo giovane e mio padre ha ancora bisogno di me. Il padre era felice; la grande tenerezza che Bella gli dimostrava gli riscaldava il cuore e gli procurava tanta serenità. Né l'affetto della fanciulla mutò quando il mercante cadde in disgrazia. L'uomo aveva impiegato quasi tutti i suoi beni per acquistare una grande quantità di merci provenienti dal lontano oriente. Aspettava con ansia l'arrivo delle navi che dovevano consegnare la mercanzia comprata. Ma i giorni si susseguivano e l'attesa sembrava vana. Il mercante taceva la sua pena per non rattristare la figliuola. Quando fu certo che la sventura si era abbattuta sulla sua famiglia, pianse disperatamente: - Figlia mia, siamo diventati poveri: tutte le nostre ricchezze sono andate perdute. Dobbiamo lasciare la città. Bella, preoccupata per il dolore del padre, rispose senza esitazione: - Non ti dar pena, babbo, andremo a vivere in campagna, lavoreremo e vivremo bene anche altrove. Dopo alcuni giorni danno l'addio alla città e si recano in un piccolo villaggio. La casetta che li aspetta è piccola, bianca, circondata da tanto verde. Al pian terreno c'è una spaziosa cucina riscaldata da un camino, un tavolo, una madia, qualche seggiola. In un angolo una scaletta di legno un po' malandata porta alle camere da letto, anch'esse in cattivo stato: finestrelle piccole, soffitto basso. I guanciali dei letti odorano di foglie di granoturco, le pareti sono spoglie. Il padre si sente umiliato; Bella capisce il suo disagio e, aprendo un'imposta, esclama: - Che pace, babbo, e quanto verde! Inizia per Bella una nuova vita. All'alba va nei campi, dissoda la terra, semina, raccoglie. A sera è esausta, ma continua ad avere per il padre un sorriso, una parola gentile, un gesto d'affetto. Dopo qualche mese la ragazza ha dimenticato la vita lussuosa della città. - È felice di vivere in campagna; il suo canto si diffonde per la casa, per i campi e si unisce al cinguettio degli uccelli. Ma il vecchio mercante non si rassegna, vuole per la figlia una vita diversa. Di tanto in tanto si allontana e si reca in città. Spera sempre che qualche nave si salvi e giunga a destinazione con tutto il suo carico. Una mattina, prima di partire per uno dei soliti viaggi, si rivolge a Bella e, desiderando farle cosa gradita, le domanda: - Avrei tanto piacere di portarti qualcosa in dono, cos'è che desideri? - Sei tanto buono babbo! Ma io ho tutto qui, non ho bisogno di nulla. Il padre insiste e allora Bella, per dargli la gioia di recarle un dono, gli chiede una rosa. L'uomo sella il cavallo, vi sale in groppa e parte. Ancora una volta arriva in città e si dirige al porto. Come le altre volte ottiene le stesse notizie: le navi sono arrivate, il carico è andato perduto. Sfiduciato, si rassegna a ritornare più povero di quando era partito. Giunto al bosco, non molto lontano da casa, un forte vento scuote con furore le cime degli alberi e lo sbalza dalla sella. Il pover'uomo si smarrisce e non riesce più a ritrovare la via del ritorno. In preda al terrore si guarda intorno e da lontano vede una luce. Pensa ad una sua immaginazione, guarda perciò più attentamente: è proprio una luce. Si avvia in quella direzione, il chiarore aumenta e appare un castello. Nessuno gli impedisce di entrare; l'uomo sale uno scalone ed entra attraverso una porta intarsiata. Chiama, ma nessuno risponde. Arriva fino ad una terrazza digradante verso un giardino. È bellissimo: piante fiorite, alberelli di ogni tipo circondano prati verdi e lussureggianti. Al centro un lungo viale, fiancheggiato da cespugli di rose. Il mercante lo percorre e, rammentando il desiderio di Bella, ne coglie un ramo. Un rumore assordante lo costringe a voltarsi indietro e in quello stesso istante un essere mostruoso gli si para davanti gridando: - Così mi ringrazi dell'ospitalità che ti ho dato? Il vecchio cade in ginocchio: - Perdonami, ti prego. Ho colto il ramo di rose per esaudire il desiderio della mia figlia diletta. Il mostro sembra ammansirsi, ma con la stessa voce tonante aggiunge:- Ti perdono, ma avrai salva la vita solo se tua figlia verrà a vivere con me, altrimenti dovrai tornare fra tre mesi e qui morrai. Il poveretto certamente non vuole sacrificare la figlia, ma accetta perché in tal modo potrà restare ancora tre mesi con lei. Bestia, questo è il nome del mostro, lascia che il mercante riprenda la strada del ritorno, non appena la tempesta si placa. Il vecchio arriva a casa stanco e smarrito e Bella rimane impietrita nel vederlo. Allora egli le porge il ramo di rose e tra le lacrime le racconta la promessa fatta al mostro. Bella è addolorata, si avvicina al padre con tenerezza e con voce dolce gli dice: - Quando tu partirai fra tre mesi, io verrò con te. Non ti permetterò di morire, non andrai solo dal mostro. Rapidamente il tempo passa... Giunge il giorno della partenza. Il mercante e sua figlia si dirigono verso il castello. Silenziosi attraversano il grande bosco, in preda ai più lugubri pensieri. Dal fondo appare la luce che, avvicinandosi inesorabilmente, diventa sempre più chiara. Il palazzo è ormai a pochi passi e la fanciulla lo guarda con angoscia. Il mercante e la figlia tenendosi per mano entrano nel castello. Al centro di una grande sala c'è una tavola imbandita per due. Il pover'uomo singhiozza, ma Bella lo rassicura: troverà il modo di convincere il mostro a lasciarli andare. Ad un tratto si ode un forte rumore. Il vecchio ha un brivido, Bella si guarda intorno atterrita. Bestia appare e con una voce orribile si rivolge alla fanciulla: - Sei venuta spontaneamente oppure sei stata costretta da tuo padre? Bella, sempre più terrorizzata, risponde: - lo ho voluto venire qui - e poi, cercando di mascherare il più possibile la sua paura, spiega che è sua la colpa di quanto è successo e che il castigo perciò spetta a lei. Infine lo prega e lo supplica di non separarli. Ma il mostro non si lascia impietosire e, rivolgendosi al mercante con tono deciso mentre si allontana dalla sala, ordina: - Partirai domani mattina di buon'ora. La fanciulla resterà qui con me. Il vecchio è sconvolto, piange disperatamente. Bella cerca di tranquillizzarlo: è sicura, il mostro avrà pietà di lei. Non sembra poi tanto cattivo. Il momento del distacco è straziante, ma il padre è costretto a lasciare il castello. Rimasta sola, Bella cerca di farsi coraggio. Vaga per le sale e guarda incantata gli oggetti rari che vi si trovano. Arriva in giardino, ammira gli alberi maestosi, i fiori colorati e, in particolare, le rose dal profumo intenso. Riprende a girare per il castello, ha quasi dimenticato la triste sorte che l'attende quando, davanti ad una porta, appare una scritta «Appartamento di Bella». La fanciulla, incuriosita, apre la porta. Che meraviglia! Sul tavolo in un angolo di una bellissima stanza c'è un cembalo. Bella lo comincia a suonare. Scorge in fondo uno scaffale con tanti libri, ne apre uno a caso. Sulla prima pagina legge «Benvenuta, regina. Ordina ciò che desideri». Il primo pensiero della fanciulla è per il padre; Bella vorrebbe rivederlo ed ecco che nello specchio posto sulla parete di fronte all'ingresso appare l'immagine del vecchio mercante, seduto tristemente accanto al caminetto. Dopo un attimo la scena scompare. La speranza si fa allora strada nel cuore della fanciulla. Il mostro è ricco di premure, la circonda di tante cose belle. Non è cattivo e certamente non le farà del male. Si reca nella sala per il pranzo: quante buone cose Bestia ha fatto preparare per lei! E mentre Bella siede a tavola, una musica melodiosa le tiene compagnia. Anche il pomeriggio trascorre rapidamente. La giovane continua a girare per il castello e ovunque trova sorprese. Si convince sempre di più che il mostro ha un animo generoso. A sera la fanciulla è di nuovo a tavola nella grande sala: Il solito forte rumore annuncia l'arrivo di Bestia. Bella è agghiacciata dal terrore, alza lo sguardo e scorge ritto davanti a sé il mostro che le chiede con voce bassa e cupa: - Posso farti compagnia mentre ceni? La ragazza è gentile, gli risponde che la sua presenza non la disturba e parla a lungo con lui. Alla fine non ha più timori: Bestia è un essere mostruoso, ma sensibile e buono. I giorni si susseguono così l'uno dietro l'altro. Bella trascorre le giornate scoprendo le mille meraviglie del castello, guardando sbigottita lo spettacolo mirabile del giardino fiorito. Si diverte ad aprire le pagine dei libri dove trova i messaggi più strani. Attonita guarda lo specchio, formula un desiderio e subito lo vede realizzato. La ragazza non si annoia di vivere in quel luogo e le serate sono tranquille. Alle nove in punto ogni sera appare Bestia e Bella lo aspetta. Ormai non ha più paura di lui. Una sera però il mostro le rivolge una domanda inaspettata. - Vuoi diventare mia moglie? La giovane è turbata, non vuole addolorarlo, ma deve essere sincera con lui e con molta timidezza sussurra: - Ho per te un grande affetto e molta amicizia, ma non posso sposarti. Bestia ha un momento di abbandono. Emette un lungo lamento e tutto il castello trema. Poi saluta con tristezza la fanciulla e si allontana. Bella è dispiaciuta, non vorrebbe recargli dolore e in cuor suo dice: «Non è possibile, è solo una bestia, non posso diventare sua moglie». Trascorrono tre mesi e ancora altre volte il mostro chiede a Bella se vuole sposarlo. La fanciulla gli risponde sempre con un po' di imbarazzo:- Non posso diventare tua moglie, ma avrai sempre la mia amicizia. Un giorno Bella chiede allo specchio di rivedere il padre e come sempre il suo desiderio è subito realizzato. Il vecchio genitore è assai ammalato perciò la fanciulla chiede a Bestia: - Ti prego, concedimi otto giorni, fa' che io possa andare da mio padre. Sta molto male e ha bisogno di me. Debbo assolutamente riabbracciarlo e morirei di dolore se non dovessi vederlo più. - Andrai da tuo padre - risponde Bestia. - Ma ti scongiuro, non rimanere a lungo lontana: senza la tua presenza la mia vita si spegnerebbe in poco tempo. L'indomani, quando Bella è sulla soglia del castello pronta per la partenza, il mostro premuroso la saluta e le dona un anello. - Quando vorrai ritornare, ricordati di porlo sul tuo comodino. Bella rigira tra le mani l'anello e, come per incanto, si trova a casa. Chiama ad alta voce il vecchio padre, che accorre in preda a una grande emozione. - Figlia mia, sei tornata finalmente! I due si abbracciano teneramente e restano a lungo stretti l'uno all'altra. Poi quante cose hanno da dirsi! Bella parla a lungo del mostro, delle sue continue attenzioni. La casa è invasa dal suo chiacchierio festoso mentre il padre ascolta commosso. La fanciulla vuole uscire con lui, andare in giro per la campagna e ritrovare le cose che da mesi non ha più visto. Si accorge all'improvviso di non aver portato con sé dei vestiti, ma con grande sorpresa nella sua cameretta trova un baule pieno di abiti e di gioielli. - Bestia... ! caro, - sospira quasi con nostalgia Bella pensi proprio a tutto! Sceglie la veste più semplice, la indossa e raggiunge di nuovo il padre. Ha ancora tante cose da raccontargli. I primi giorni trascorrono in fretta ma, passata l'emozione del primo momento, Bella comincia ad essere inquieta. È afflitta dal pensiero che Bestia possa soffrire per la sua lontananza. S'accorge che nella sua vecchia casa si annoia mentre con Bestia era diverso: il tempo volava via rapidamente. L'inquietudine aumenta quando, allo scadere degli otto giorni, il vecchio genitore le chiede di trattenersi ancora. La ragazza non vuole dispiacere al padre e acconsente. Ma durante il sonno è tormentata da continui incubi. Infine una notte ha una visione e sogna il mostro in fin di vita presso il ruscello che scorre nell'angolo più remoto del giardino. Si sveglia in lacrime, cerca febbrilmente l'anello e lo ripone al posto convenuto. Poi tra i singhiozzi si addormenta. Quando si ridesta eccola di nuovo nel castello nella sua bella camera. In preda a una grande agitazione la giovane corre per il palazzo chiamando Bestia, ma nessuno risponde. Si dirige allora verso il ruscello: il mostro è là che giace disteso ai piedi di un albero. Appena la vede, apre gli occhi, vuole rialzarsi, ma ricade perché è troppo debole. Bella si inginocchia accanto a lui. Non prova più alcuna ripugnanza e lo abbraccia singhiozzando: - No, non morire. Rimarrò sempre vicino a te. Sarò la tua sposa. A quelle parole tutto il castello si illumina mentre una dolce melodia si diffonde nell'aria. Nello stesso momento il mostro scompare e al suo posto vi è un giovane bellissimo che le parla con voce armoniosa: - Grazie Bella, mi hai liberato dall'incantesimo. Ero stato condannato a vagare sotto le spoglie di Bestia finché una fanciulla non avesse desiderato sposarmi nonostante il mio aspetto ripugnante. Non avevo più alcuna speranza e poi sei arrivata tu. Bella ascolta rapita le parole del giovane che dopo l'inattesa rivelazione aggiunge: - Vuoi essere la mia sposa? Bella acconsente e felice gli porge la mano. Il giovane la stringe forte e come per magia i due vengono trasportati in un regno lontano dove una folla esultante accoglie il giovane che è il suo re. I sudditi conoscevano il terribile maleficio che lo aveva colpito, ma non avevano mai perso la speranza di rivederlo. La notizia si diffonde per i villaggi del regno e tutti accorrono per assistere alle nozze del loro sovrano con la fanciulla che col suo amore l'aveva liberato dal triste incantesimo.
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Era la fine dell'anno faceva molto freddo. Una povera bambina camminava a piedi nudi per le strade della città.
La mamma le aveva dato un paio di pantofole, ma erano troppo grandi e la povera piccola le aveva perdute attraversando la strada. Un monello si era precipitato e aveva rubato una delle pantofole perdute. Egli voleva farne una culla per la bambola della sorella. La piccola portava nel suo vecchio grembiule una gran quantità di fiammiferi che doveva vendere. Sfortunatamente c'era in giro poca gente: infatti quasi tutti erano a casa impegnati nei preparativi della festa e la poverina non aveva guadagnato neanche un soldo. Tremante di freddo e spossata, la bambina si sedette nella neve: non osava tornare a casa, poiché sapeva che il padre l'avrebbe picchiata vedendola tornare con tutti i fiammiferi e senza la più piccola moneta. Le mani della bambina erano quasi gelate. Un pochino di calore avrebbe fatto loro bene! La piccola prese un fiammifero e lo sfregò contro il muro. Una fiammella si accese e nella dolce luce alla bambina parve di essere seduta davanti a una grande stufa! Le mani e i piedi cominciavano a riscaldarsi, ma la fiamma durò poco e la stufa scomparve. La piccola sfregò il secondo fiammifero e, attraverso il muro di una casa, vide una tavola riccamente preparata. In un piatto fumava un'oca arrosto.... All'improvviso, il piatto con l'oca si mise a volare sopra la tavola e la bambina stupefatta, pensò che l'attendeva un delizioso pranzetto. Anche questa volta, il fiammifero si spense enon restò che il muro bianco e freddo. La povera piccola accese un terzo fiammifero e all'istante si trovò seduta sotto un magnifico albero di Natale. Mille candeline brillavano e immagini variopinte danzavano attorno all'abete. Quando la piccola alzò le mani il fiammifero si spense. Tutte le candele cominciarono a salire in alto verso il cielo e la piccola fiammiferaia si accorse che non erano che stelle. Una di loro tracciò una scia luminosa nel cielo: era una stella cadente. La bambina pensò alla nonna che le parlava delle stelle. La nonna era tanto buona! Peccato che non fosse più al mondo. Quando la bambina sfregò un altro fiammifero sul muro, apparve una grande luce. In quel momento la piccola vide la nonna tanto dolce e gentile che le sorrideva. -Nonna, - escalmò la bambina - portami con te! Quando il fiammifero si spegnerà, so che non sarai più là. Anche tu sparirai come la stufa, l'oca arrosto e l'albero di Natale! E per far restare l'immagine della nonna, sfregò uno dopo l'altro i fiammiferi. Mai come in quel momento la nonna era stata così bella. La vecchina prese la nipotina in braccio e tutte e due, trasportate da una grande luce, volarono in alto, così in alto dove non c'era fame, freddo né paura. Erano con Dio. La sirenetta
Nelle profondità degli oceani vivevano esseri metà umani e metà pesci: le sirene. Dotate di una voce melodiosa, a volte risalivano alla superficie del mare per cantare, addolcendo così l'agonia dei marinai naufragati. Abitavano in palazzi meravigliosamente decorati di conchiglie multicolori e di madreperle che i raggi del sole, smorzati, facevano risplendere. Intorno si estendevano vasti giardini di alghe brune e verdi. Le prime ondulavano come sciarpe di seta gonfiate da una brezza leggera, le seconde, finemente cesellate, davano riparo ai pesci dalle forme straordinarie e dai colori forti, che volteggiavano graziosamente in compagnia di meduse trasparenti. Nel più grande e più bello di questi palazzi marini regnava il re del mare. Già vecchio, era un padre soddisfatto di sei bellissime principesse. Egli aveva affidato la loro educazione alla regina madre, che aveva una grande coscienza del suo rango; infatti, inculcò con rigore alle principesse le belle maniere, l'arte di ricevere e tutte quelle cose che facevano di loro delle ragazze sapienti e perfette. Erano tutte bellissime, ma la più giovane era di uno splendore particolare che la distingueva dalle sorelle. I suoi lunghi capelli biondi e soffici, la sua bocca rossa, il suo colore delicato e i suoi occhi chiarissimi le conferivano un fascino incomparabile. Tutto in lei era perfetto... Ahimè! da qualche tempo però la tristezza offuscava spesso il suo volto delicato, dandole un'aria depressa e assente. Aveva sempre più desiderio di ritirarsi nel giardino segreto, giardino che aveva ogni principessa, perché le piaceva sognare ad occhi aperti, lontana dagli occhi delle sorelle; ma ora ci passava lunghe ore immersa nei suoi pensieri. Qual'era la ragione di questo cambiamento d'umore, lei che prima era così amabile? Qualche giorno prima aveva trovato un busto in alabastro di un giovane uomo, probabilmente caduto in mare durante il naufragio di una nave. Era sempre stata attratta dai racconti della nonna sulla vita terrestre; come tutte le sirene il giorno del quindicesimo compleanno, sua nonna era emersa dalle profondità dell'oceano e aveva scoperto il mondo sconosciuto degli uomini. In seguito, aveva fatto frequenti incursioni sulle spiagge di diversi litorali e aveva conservato un ricordo indimenticabile delle sue esperienze. La passione che metteva nel raccontare le sue storie fu trasmessa alla giovane sirenetta. Avida di particolari, l'assillava di domande; voleva conoscere tutto della vita di chi, sulla terra, con due gambe, si muoveva facilmente così come lei danzava nell'acqua… Purtroppo, ancora alcuni anni le mancavano prima che lei compisse i suoi quindici anni... Un giorno la maggiore delle sue sorelle compì i tanto attesi quindici anni. Dopo aver avuto innumerevoli raccomandazioni di prudenza dalla nonna preoccupata, partì verso la superficie, guardata con invidia dalla sorella minore. Al ritorno, raccontò con entusiasmo la sua esperienza e, certamente, la sua più avida ascoltatrice fu la sirenetta più giovane. L'anno seguente, fu il turno della seconda figlia del re: partita nella direzione opposta conobbe altri paesaggi, altri popoli, che descrisse alla sorella addirittura abbagliata. La terza principessa fra quelle che ricevettero il permesso, si recò in una baia, risalì poi un fiume circondato da castelli, colline e foreste. La quarta preferì restare al largo a contemplare le navi che facevano rotta verso il continente. Il compleanno della quinta fu in inverno ed ebbe il privilegio di ammirare la neve e il ghiaccio, che nessuna sirena aveva mai visto fino ad allora. Infine, il giorno tanto atteso e nello stesso tempo tanto temuto, arrivò. La piccola sirena compì quindici anni. Appena ebbe il permesso di partire, nuotò vigorosamente e andò verso il cielo che intravedeva sopra la sua testa. Tra gli spruzzi di mille goccioline, uscì sulla superficie del mare e contemplò, soggiogata, il sole che calava fiammeggiante all'orizzonte. I minuti passarono meravigliosi. Lentamente, il giorno si oscurò e arrivò la notte, ma la piccola sirena riuscì a scorgere, lasciandosi dondolare dolcemente, una magnifica caravella con molte vele. C'era una festa a bordo e l'alberatura era tutta addobbata con centinaia di lampade che illuminavano tutta la nave. Sul ponte riccamente parato c'era l'eroe della serata, un principe giovane e bello... Affascinata dallo spettacolo fiabesco, la sirenetta fissava estasiata il giovane che si distingueva dagli altri per la sua prestanza fisica e la sua eleganza. Improvvisamente si alzò il vento, le onde divennero più violente e si infransero contro la nave. I lampi saettavano nel cielo oscurato dalle nuvole e la tempesta scoppiò spaventosamente. I marinai, sorpresi dalla rapidità e dalla forza dello scatenarsi degli elementi, non ebbero il tempo di abbassare le vele: gonfiate al massimo, trasportarono la nave come una pagliuzza. Spinta dal vento, sballottata dalle onde giganti, la nave non resistette molto tempo. Lo scafo si ruppe, le strutture sradicate caddero nell' acqua e in mezzo alle grida dei naufraghi, la nave tu inghiottita dalle onde mugghianti. Fu così che un'incredibile speranza attraversò la mente della sirenetta che assisteva impotente a quel dramma: il principe la stava raggiungendo nel regno del mare! Poi si ricordò che gli uomini annegavano se non potevano respirare l'aria, per loro indispensabile. Con il rischio di essere ferita dai rottami della nave, si precipitò in soccorso del principe un attimo prima che fosse inghiottito dalle onde. Gli sorresse la testa fuori dall'acqua e poi, lottando con tutte le sue forze, cercò di arrivare a riva. Dopo molti sforzi, esausta, giunse sulla spiaggia con il suo carico esanime. Al mattino la tempesta si era calmata e nel cielo senza nuvole, il sole cominciò a salire verso lo zenit. Il mare era calmo e tutti i resti della nave erano scomparsi. Si sarebbe potuto credere che non fosse successo niente. Soltanto la presenza del principe ricordava i tragici avvenimenti della notte. La sirenetta pensò che la vita era più tranquilla nel regno profondo del mare; fugacemente, rimpianse la sua vita comoda, ma la vista del giovane la riportò alla realtà. Con gli occhi chiusi sembrava dormisse e poté osservarlo per lungo tempo: assomigliava stranamente al busto di alabastro che ornava il suo giardino... furtivamente, gli diede un bacio sulla fronte. E se fosse morto? Disperata, non sapeva che fare per salvare colui che amava già con tutto il cuore. Si sentì inutile, la sua coda di pesce le impediva tutti i movimenti sulla terra ferma. Coraggiosamente, incominciò a tirare il corpo inerte verso un luogo ben in evidenza, alla vista di eventuali passanti. Poi, andò a sedersi dietro una roccia, non potendo fare altro per il principe. Quasi subito, una ragazza che passeggiava sulla spiaggia, approfittando del dolce sole mattutino, vide il principe. Chiamò aiuto e il giovane ebbe finalmente soccorsi. Riscaldato, confortato, riprese i sensi e il primo volto che vide fu quello della giovane ragazza. Ben rassicurata sulla sorte di chi aveva toccato il suo cuore per sempre, la piccola sirena si immerse nel mare e ritornò nel suo regno. Non raccontò nulla del suo soggiorno in superficie e il suo silenzio preoccupò il re, la nonna e le sue sorelle. Da quel giorno passò le giornate nel suo piccolo giardino contemplando la statua, sosia del principe. Molte volte andò sulla spiaggia dove aveva lasciato il principe, sperando di rivederlo ma invano... le stagioni passarono. La malinconia della piccola principessa aumentava ogni giorno di più e il suo sconforto si intensificava. Sua nonna ebbe pena di lei e, dopo molte esitazioni, si decise a rivelare alla ragazza l'esistenza e i grandi poteri della strega che abitava sul fondo dei mari: - Se sei felice solo quando sei sulla terra, vai a trovarla, lei ti aiuterà ma... Senza aspettare un attimo di più, la piccola sirena riunì tutte le sue forze e nuotò verso l'antro della maga. Coraggiosamente, riuscì a resistere all'attacco delle murene che volevano morderla e ignorò le ferite causate dai coralli che laceravano il suo corpo. Superando la paura, continuò, malgrado gli ostacoli che le sbarravano il cammino e finalmente giunse davanti all'orribile donna che, avvisata del suo arrivo, l'aspettava. Una puzza pestilenziale usciva da un pentolone il cui contenuto stava bollendo. - So quello che desideri, - sogghignò la donna spaventosa, - sei molto audace! Voglio esaudirti, ma come contropartita, dovrai fare grandi sacrifici: in cambio delle gambe, voglio la tua voce, resterai per sempre muta... non ridiventerai mai più una sirena e se non saprai guadagnarti l'amore dell'uomo che ti ha ammaliata, se egli amerà un'altra donna, morrai... Poi aggiunse con un' aria terribile: ad ogni passo, avrai dolori, i tuoi piedi sanguineranno ma tu dovrai sorridere, nascondere il tuo tormento... Sei ancora decisa?- - La mia decisione è irremovibile. Voglio realizzarla a qualunque costo!- Nauseata, inghiottì la bevanda dall'odore fetido che la strega le diede. Con atroci sofferenze, la coda di pesce si trasformò in due gambe affusolate. La piccola sirena non riuscì a trattenere un grido di' dolore. Ad ogni passo gli occhi le si riempivano di lacrime; faticosamente si diresse verso la spiaggia. Le sue nuove gambe erano più un intralcio che un aiuto e, esausta, svenne sulla sabbia. Quando si svegliò, il suo sguardo incrocio... quello del principe! Anche il principe veniva regolarmente sulla spiaggia: era alla ricerca di una ragazza che aveva conquistato il suo cuore, con uno sguardo che aveva incrociato il suo al risveglio dopo il naufragio... E così scoprì la sirenetta. Soggiogato dal suo fascino e dalla sua bellezza, la presentò ai suoi genitori, a corte e diventò la regina dei balli e dei ricevimenti dati in suo onore. La sirenetta soffriva atrocemente, ma sorrideva radiosa. Appena restava sola, furtivamente bagnava i piedi sanguinanti nel mare fresco e riposante. Una grande tristezza la tormentava notte e giorno: il principe l'amava, ma come una sorella, un'amica... essendo muta, si confidava molto con lei, sicuro che avrebbe mantenuto il segreto. Il principe pensava che le lacrime che brillavano negli occhi della ragazza, fossero lacrime di compassione e le era riconoscente. Se avesse potuto immaginare... Il principe cominciò a disperare di poter ritrovare la ragazza da cui lui credeva fosse stato salvato, quando ricevette un invito dal re di un paese vicino. Fu con grande sorpresa e gioia che riconobbe nella figlia del re la sua salvatrice! Anche la giovane principessa si era innamorata dello sconosciuto della spiaggia e il loro ritrovarsi fu meraviglioso. Fu subito stabilito il matrimonio, che si celebrò dopo qualche giorno con grande sfarzo. Il ballo degli sposi si svolse su una nave riccamente decorata e illuminata. La piccola sirena si sforzò molto per essere gaia e gentile. Le sue gambe la sostenevano a malapena, ma lei danzò tutta la notte, la sua ultima notte... il principe aveva sposato un'altra e la piccola sirena doveva ritornare nel mare dove sarebbe affogata, essendo ormai una ragazza terrena. Ciò a lei non importava; come poteva vivere senza amore? Sulla spiaggia, prima di entrare tra i flutti che sarebbero diventati la sua bara, intravide le sue sorelle: - Vieni, - le gridarono, - abbiamo venduto le nostre lunghe chiome alla strega in cambio della tua vita. Ma ad un'altra condizione: prima dello spuntare del sole, il sangue del principe dovrà bagnare le tue gambe che si ritrasformeranno in una coda di pesce... sbrigati, stai morendo... - arrivavano queste parole dal mare... Spaventata... uccidere colui che amava ancora! I brividi la percorsero… la morte cominciava la sua opera. Poi il suo corpo divenne leggero, aereo, e la sirenetta si ritrovò nel regno dell'aria dove le figlie del vento, per compassione l'avevano portata. Ormai, la piccola sirena infelice vivrà nel cielo eternamente perché lassù la morte non esiste. Dall'immensità dei cieli, veglierà e proteggerà la giovane coppia principesca, testimone della felicità che non aveva potuto avere. Mamma, guarda come sono belli! - Esclamò il bambino saltellando dalla gioia.
Il coperchio della scatola di legno, aperto con impazienza, fece ammirare una ventina di soldatini di piombo allineati come in una parata. Le uniformi rosso fiammante davano ai piccoli militari un fiero portamento: giacche scarlatte, pantaloni blu scuro, copricapi neri con piume rosse e bianche. Ognuno portava con fierezza il suo fucile. Il bambino li prese uno ad uno e li mise sul tavolo, guardandoli meravigliato. L'ultimo gli sembrò molto curioso: rimaneva perfetta-mente diritto, magnifico come il resto della truppa... ma aveva una gamba sola! Malgrado questo difetto, o forse proprio per questo, aveva uno sguardo più fiero, più audace degli altri. Subito, il ragazzino lo prese in simpatia e divenne il suo soldatino preferito. Sulla tavola si trovava anche un castello di carta... Con il tetto d'ardesia, le mura di pietra con i riflessi dorati, la scala con le ringhiere in ferro, questo castello assomigliava ad un maniero feudale. Era in mezzo ad un parco verdeggiante ricco di alberi e piante multicolori. Due cigni bianchissimi navigavano maestosamente in un lago di carta argentata. Ma la cosa più interessante era una graziosa ragazza che stava sulla porta d'entrata: i biondi capelli raccolti in trecce, gli occhi limpidi come l'acqua del lago, il sorriso dolce e attraente, la rendevano la più bella delle ballerine. Un vestito etereo, stretto in vita, la faceva sembrare ancora più delicata e fragile. Con le braccia alzate sopra la testa, rimaneva in perfetto equilibrio sulla punta di un piede. L'altra gamba, tesa in aria, era in parte nascosta dall'ampia gonna. Dopo essere uscito dalla scatola, il soldato, attratto dalla bellezza della ballerina, non smise di guardarla nemmeno un attimo. Egli credeva che avesse una sola gamba come lui e questa supposta infermità rinforzava il suo amore appena nato. Cercò allora di conoscerla e decise di andarle a far visita appena fosse venuta sera. Per far ciò, era indispensabile che il bambino si dimenticasse di allinearlo nella scatola. Il soldatino si lasciò scivolare dietro ad un cofanetto e li rimase sdraiato ed immobile. Come previsto, il bambino rimise i suoi soldati nella scatola dimenticandosi del nostro eroe! Venuta la sera, il silenzio invase la casa. Tutti i suoi abitanti dormivano tranquillamente... ad eccezione dei giocattoli. Nella penombra, incominciò una folle scorribanda: i palloni giocarono ai quattro cantoni, gli animali di peluche fecero alcune piroette e i soldatini di piombo sfilarono al suono del tamburo di un clown variopinto. In mezzo a tutta questa agitazione, rimanevano tranquille solo la ballerina di carta, che rimaneva nella sua posa acrobatica, e il soldatino di piombo che, nascosto dal cofanetto, continuava a fissarla. Malgrado la sua aria marziale e la sua prestanza, era timido e ritardava di minuto in minuto il momento dell'approccio. Questi momenti di esitazione gli furono fatali! Tutto preso dalla contemplazione della ballerina, il soldato di piombo non si accorse di un losco figuro, uno gnomo nero e gobbo come un diavoletto. Innamorato follemente della ragazza, vedeva nel soldatino un rivale pericoloso, giovane e bello. Cieco d'invidia, lo chiamò più volte, ma il giovane militare non lo ascoltò neppure. Allora lo gnomo lo fulminò con gli occhi e lo minacciò: - Tu mi ignori! Ma ti accorgerai di me ben presto... Il mattino seguente il bambino si accorse che il soldatino di piombo era rimasto nascosto dietro al cofanetto; lo prese e lo posò sul davanzale della finestra. Immediatamente, un malaugurato soffio di vento, o forse il soffio vendicatore del rivale, lo fece cadere nel vuoto. Girando su sé stesso, la testa in basso e i piedi in alto, cadde vertiginosamente. Non potendo chiudere gli occhi, vide avvicinarsi spaventosamente il terreno. Quando toccò il suolo, la sua baionetta, con la violenza del colpo, si infisse nell'asfalto e così restò, capovolto. Il bambino si precipitò in strada per cercarlo, ma le carrozze e i passanti lo nascosero ai suoi occhi. Disperato, ritornò a casa, piangendo la perdita del suo soldatino preferito. Improvvisamente cominciò a cadere una violenta pioggia estiva. In un attimo si formarono rivoli di acqua che inondarono gli scarichi che portano alle fogne. Due sfaccendati videro il soldatino di piombo ed ebbero la curiosa idea di metterlo in una barchetta di carta che stavano costruendo. Poi deposero l'imbarcazione sull'acqua. Sballottato, il fragile scafo fu rapidamente preso dalla corrente turbolenta e scomparve in un gorgo buio. Il soldatino, convinto che il responsabile delle sue disavventure fosse lo gnomo, pensò che fosse giunta la sua ultima ora. Passò momenti interminabili nell'oscurità, bagnato dagli spruzzi dell'acqua agitata. Nessun dubbio! navigava nelle fogne... Infine vide la luce del sole in lontananza. La luce si fece sempre più forte e divenne un grande orifizio aperto sulla campagna e la liberta. - Uff! Sono sano e salvo... Sono scampato all'inferno. - Pensò il soldatino sospirando con sollievo. Invece i suoi dispiaceri non erano finiti: un'enorme topo di fogna dall'aria feroce, bloccava l'uscita. I suoi occhi acuti avevano notato il naufrago che stava cercando una via d'uscita. La corrente era cosi forte che il topo, malgrado le sue cattive intenzioni, non poté prenderlo e con rabbia in cuore lo vide allontanarsi... Dopo l'ultimo scampato pericolo, la barchetta di carta continuò il suo viaggio attraverso i prati e i campi. Il corso d'acqua s'allargò diventando un ruscello. In piedi sull'imbarcazione, il soldatino di piombo osservava i fiori che ornavano le rive tranquille. Dopo questa momentanea calma, i flutti ridivennero violenti, il ruscello si trasformò in una cascata che si riversava in un lago. Presa da queste correnti, la barca non riuscì a resistere e si capovolse. Il soldatino di piombo colò a picco. Addio graziosa ballerina! Un enorme pesce che girovagava lo prese per una preda di cui era molto goloso, in un solo boccone lo afferrò e lo inghiotti tutto intero. Per il soldatino di piombo ci fu di nuovo l'oscurità... Poco dopo, il pesce venne catturato dalla rete di un pescatore del mercato. Il caso volle che il pesce fosse proprio comprato dalla cuoca al servizio dei genitori del bambino. Aprendo il ventre dell'animale per pulirlo, fu meravigliata di trovarci il soldatino perduto. Lo mise sul tavolo, vicino al castello di cartone. La ballerina gli mandò un sorriso così dolce da cui capì che anche lei lo amava. Che felicità dopo tante peripezie! Ma lo gnomo non aveva ancora rinunciato alla sua vendetta. Malgrado i suoi sortilegi, infatti, i due giovani si amavano. Per farla finita suggerì al bambino di sbarazzarsi del soldatino con una sola gamba che rovinava la sua collezione. L'ingrato, dimenticandosi del suo preferito, lo gettò nel caminetto. Il soldatino si sciolse rapidamente per il calore, ma la testa, ancora intatta, continuava con gli occhi tristi bagnati di lacrime di piombo, a fissare la ballerina. All'improvviso s'aprì violentemente la porta, una corrente d'aria invase la stanza scaraventando il castello di carta sulle braci ardenti. Nello stesso istante prese fuoco e bruciò. Il giorno seguente, facendo le pulizie di casa, qualcuno mescolò le ceneri, ignorando, contrariamente alle intenzioni del diavoletto, di unire per l'eternità il soldatino di piombo e la ballerina di carta. A meno che il vento non disperda il piccolo mucchio di polvere grigia! versione di Esopo
Spinta dalla fame una volpe tenta di raggiungere un grappolo d'uva posto sin alto sulla vite, saltando con tutte le sue forze. Non potendo raggiungerla, esclama: "Non è ancora matura ; non voglio coglierla acerba!". Morale: Coloro che sminuiscono a parole ciò che non possono fare, debbono applicare a se stessi questo paradigma. Versione di Fedro Una volpe affamata, come vide dei grappoli d'uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi.» Morale: Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze. Versione di J. de La Fontaine Una volpe, chi dice di Guascogna, e chi di Normandia, morta affamata, andando per la via, in un bel tralcio d’uva s’incontrò, così matura e bella in apparenza, che damigella subito pensò di farsene suo pro. Ma dopo qualche salto, visto che troppo era la vite in alto, pensò di farne senza. E disse: – E’ un’uva acerba, un pasto buono Per ghiri e per scoiattoli.- Ciò che non posso avere, ecco ti dono. |
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